La scorsa settimana, nella giornata di martedì 25 ottobre 2022, il metallo giallo è stato scambiato al rialzo per poi allentarsi nuovamente giovedì 27 ottobre, quando l’oro spot XAU è sceso dello 0,2% in particolare, posizionandosi a 1.661,63 $ l’oncia.

Analizziamo assieme le dinamiche dietro queste oscillazioni.

Secondo gli analisti Saxo, il rialzo iniziale sarebbe stato determinato dall’improvvisa flessione dei prezzi delle case statunitensi (crollati martedì 25 ottobre, maggiormente dal 2009): ciò avrebbe innescato una diffusasfiducia tra i consumatori statunitensi, che si sarebbero mossi allocando risorse verso il metallo giallo.

Al contempo, si è assistito a un crollo dei rendimenti obbligazionari USA e del dollaro, con l’euro che ha tra l’altro riguadagnato terreno, raggiungendo la parità con il foglio verde. La valuta comunitaria ha raggiunto il suo picco da settembre, toccando i 1,00935 $, per poi attestarsi venerdì 28 ottobre a 1.0067 $: in lieve flessione, quindi, ma pur sempre in parità con il dollaro.

Dopo essere sceso al suo minimo del mese, nella giornata di giovedì 27 ottobre il dollaro è poi tornato ad aumentare dello 0,4%. Nella chiusura della settimana ciò ha reso i metalli preziosi meno attraenti per investitori. Si è dunque verificata la lieve flessione dell’oro dello 0,2% ed il suo posizionamento a 1.661,63 $ l'oncia.

Da cosa è dipesa l’oscillazione del dollaro?

L'indice del dollaro è stato inizialmente diretto a un calo settimanale - dell'1% in particolare - in virtù delle aspettative di mercato su un pivot della Fed entro la fine dell’anno: a inizio settimana scorsa ha iniziato a diffondersi nei mercati l’aspettativa di un allentamento alle misure di aumento dei tassi verso la fine del 2022. Questa teoria sarebbe giustificata dalla necessità della Fed di analizzare gli effetti del ciclo di inasprimento attuato nel terzo trimestre dell’anno.

L’uscita dei dati economici USA, poi, ha messo in evidenza un’inflazione ancora sopra le righe e, di conseguenza, le aspettative dei mercati si sono spostate verso un nuovo aumento dei tassi atteso per il mese di novembre. Questo avrebbe dato nuovamente slancio al dollaro.

 

Outlook su Novembre e Dicembre. Cosa aspettarsi?

FOMC: i mercati si aspettano una stasi sul livello dei tassi a dicembre, ma nuovi aumenti a novembre

I mercati si aspetterebbero, nel mese di dicembre, un periodo di stasi nei rialzi dei tassi da parte della Fed, poiché - come anticipato poc'anzi - la volontà del FOMC sarebbe quella di prendere tempo per valutare l’impatto economico delle politiche di inasprimento attuate nel corso del 2022, instaurate con l’obiettivo di arginare un’inflazione USA sempre più crescente verso il livello target del 2% . Un obiettivo dichiarato in occasione del Jackson Hole Economic Syposium di settembre.

Venerdì 21 ottobre, infatti, è uscito un articolo di Nick Timiraos del Wall Street Journal in cui è stata suggerita la volontà Fed di allentare il ritmo dei rialzi dei tassi entro l’inizio del 2023. Questo fattore è stato successivamente rimarcato dallo stesso presidente della Federal Reserve Bank di St. Louis, James Bullard che, in un intervento a Bloomberg Tv, ha spiegato di aspettarsi che la Fed ponga fine al suo percorso di aumenti dei tassi aggressivi e cambi passo entro l'inizio del prossimo anno, instaurando una posizione più accomodante: "L'obiettivo è spingere l'inflazione verso il basso, ma questo non vuol dire che i tassi saliranno per sempre […] Non che non ci saranno ulteriori aggiustamenti, ma una volta raggiunto un tasso restrittivo che mette sotto pressione i prezzi, il comitato potrebbe mettere in pausa i tassi o apportare piccoli aggiustamenti al rialzo se i dati dovessero continuare a fornire prospettive negative" ha commentato il Presidente Bullard.

Oro: i fattori alla base delle prospettive rialziste

Un periodo di congelamento negli aumenti dei tassi potrebbe creare un contesto favorevole per il metallo giallo. A discapito del rialzo di martedì 25 ottobre, tuttavia, l'oro dovrebbe prima superare i 1735 $ perché si possa parlare della fine di un trend ribassista:

 

Fonte: Saxo Group

 

Eppure le prospettive degli analisti Saxo per l’oro sarebbero comunque rialziste: l’allentamento negli aumenti dei tassi atteso entro l’inizio del 2023 ne aumenterebbe l’attrattiva agli occhi degli investitori. Questo - in combinazione con un contesto macroeconomico complesso, caratterizzato da inflazione persistente e un clima geopolitico teso e incerto - creerebbe uno scenario del tutto favorevole per il metallo giallo.

Nel frattempo, nei mercati regna l’incertezza

I dati economici USA iniziano a far trapelare gli esiti dell’aggressivo ciclo di aumento dei tassi Fed nel terzo trimestre dell’anno. In particolare, la crescita economica è stata caratterizzata da continui rimbalzi, con un disavanzo commerciale in continuo calo (progressiva riduzione della differenza tra valore delle importazioni e valore delle esportazioni). L'aggressivo aumento dei tassi avrebbe progressivamente frenato i consumi (i dati del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti hanno mostrato che la spesa dei consumatori del terzo trimestre è rallentata all'1,4) e conseguentemente la domanda, contrastando – da questo lato - l’inflazione. Tuttavia questa sarebbe sì scesa, ma meno del previsto: +8,3% a settembre rispetto all’ultimo obiettivo dichiarato del 2% in occasione della riunione FOMC di settembre

Nonostante le dichiarazioni di Bullard, che indicano la strada verso una politica monetaria più accomodante da parte della Fed, i dati economici USA mettono dunque in risalto un’inflazione sopra le righe. È per questo che i mercati non escludono – nel mese di novembre – un nuovo intervento correttivo da parte della Fed: in particolare sarebbe prossimo un nuovo aumento di 75 punti base, il quarto dell’anno in questa misura.

Tali aspettative remerebbero dunque contro il metallo giallo, che diventerebbe meno appetibile per gli investitori dal momento che una conferma di un nuovo aumento dei tassi a novembre aumenterebbe il costo opportunità legato alla detenzione dei lingotti.

Questo stato di cose, tuttavia, subirebbe una nuova inversione di tendenza a dicembre, mese in cui i mercati si aspettano - come abbiamo visto - un allentamento dell’attività di inasprimento Fed e l’instaurazione di una politica monetaria ordinaria per il 2023: in questo scenario, infatti, l’oro potrebbe tornare nuovamente ad aumentare, vista la stasi nel livello dei tassi.

Tuttavia anche in questo caso i pareri sono discordanti, poiché sono diverse le tesi in contrapposizione a quanto affermato dal Presidente Fed Bullard. Infatti c’è chi ritiene che sia troppo presto per parlare di un rallentamento dei tassi prima dell’inizio del 2023: Bart Melek, Global Head of Commodity Strategy alla TD Securities, ha commentato: “Non ci aspettiamo un pivot, perché l'inflazione continuerà a essere un problema per gran parte del prossimo anno".

Il contesto dunque è caratterizzato dall’incertezza. Da qui l’importanza cruciale della prossima riunione FOMC, prevista per l’1 e il 2 novembre. Gli investitori restano in attesa di conferme e alla ricerca di una visione più chiara: dalla riunione dovrebbero scaturire con maggiore chiarezza le traiettorie di aumento dei tassi della Fed.

Domanda di oro in Cina: da settembre possibile inversione di tendenza?

Nella giornata di venerdì 25 ottobre la China Gold Association ha riportato dati indicanti una flessione di consumo di oro del 4,36% nel periodo gennaio-settembre. Sullo stesso periodo, la domanda di lingotti e monete è scesa del 10,46%. La pandemia Covid- 19 ha determinato una flessione sulle vendite di gioielli, che hanno registrato un ribasso del 30% rispetto al 2021. Ciò ha impattato negativamente sulla domanda spot di oro per tutta la prima parte dell’anno.

Il prezzo, tuttavia, avrebbe di recente subito un’inversione di tendenza. Nella terza settimana di settembre, in particolare, abbiamo assistito a un balzo del prezzo dell’oro allo Shangai Gold Exchange, salito a 43,60 $/oz sul prezzo spot di Londra. L’incremento sarebbe da ricollegarsi, in primo luogo, alle aspettative dei produttori sulla domanda. Questi infatti - in vista dell’atteso picco stagionale di consumo di oro cinese, dettato dal periodo delle cerimonie - avrebbero fatto scorta di metallo giallo nel mese di agosto, determinando un incremento delle importazioni.

Altro fattore da considerare è il proseguimento delle attività da parte dei massimi poli produttivi di oro cinesi nonostante la pandemia: il complesso di Shenzhen, ad esempio, non ha mai interrotto la produzione. Complessivamente i dati della China Gold Association di venerdì mostrano una produzione di oro tra gennaio e settembre aumentata del 14,04% su base annua a 269.987 tonnellate.

Oro elemento chiave per contrastare il deficit commerciale indiano

Nel frattempo in India il deficit commerciale si sta ampliando sempre di più: è ormai prossimo il raggiungimento del massimo storico toccato a luglio. Il governo sta quindi cercando delle soluzioni per arginarlo, poiché la Rupia sta crollando progressivamente negli scambi. Il governo sta valutando di convincere i cittadini indiani – che collettivamente possiedono la più grande riserva privata di oro mondiale – a depositare i loro tesori presso le banche guadagnando interessi. L’idea è quella di riciclare l’oro esistente all’interno della nazione, riducendo la dipendenza della stessa dalle massicce importazioni di metallo giallo che la caratterizzano, allentando così le pressioni sul disavanzo commerciale.

Il Modi Plan nel dettaglio

I cittadini possono depositare il proprio oro in una banca per un periodo che va da 1 a 15 anni, ottenendo in cambio interessi fino al 2,5% sul valore del metallo nonché la promessa di restituzione dell’equivalente in oro (o contanti) alla scadenza del termine. Una volta depositato, il metallo viene quindi fuso per verificarne la purezza e rivenduto. Ciò aumenterebbe, in teoria, le forniture locali e ridurrebbe la dipendenza dell’India dalle importazioni di metallo giallo, limando il disavanzo commerciale.

Questo piano, denominato Modi Plan, di per sé non è una novità: è stato infatti istituito già nel 2015. Il primo tentativo di applicazione del Modi Plan, tuttavia, non ha avuto molto successo: delle 25.000 tonnellate possedute dalle famiglie, i dati del World Gold Council mostrano che ne sono state raccolte solo 25. La motivazione? I gioielli giocano un ruolo importantissimo nei matrimoni e nelle feste e spesso sono tramandati attraverso le famiglie. Il limite più significativo del programma è dunque il fattore emotività: i gioielli vengono fusi per verificarne la purezza prima di essere rivenduti, il che significa che aderendo al piano i depositanti accettano implicitamente di non riavere mai più indietro i loro amati cimeli.

Tassa sull’importazione di Oro: compensata dalla flessione dei prezzi

Il Modi Plan non sarebbe l’unica misura intrapresa per arginare il disavanzo commerciale indiano: già a luglio il governo ha cercato di scoraggiare l’acquisto di lingotti alzando la tassa sull’importazione di metallo giallo, portandola addirittura ai massimi storici. Eppure la misura non sarebbe stata sufficiente: in occasione della stagione dei festival indiani attualmente in corso – che parte da ottobre fino a dicembre – la domanda di oro raggiunge il picco e la tassa sull’importazione, nonostante i suoi massimi storici, non sarebbe stata capace di contenere la domanda. L’impatto della misura è stato infatti del tutto compensato dalla flessione dei prezzi globali.

Templi indiani: un vero e proprio tesoro

Oltre all’oro detenuto dalle famiglie indiane, altra importante fonte da cui attingere in India è rappresentata dai templi. I cittadini devoti donano per tradizione oro alle divinità in occasione di ricorrenze particolari come segno di gratitudine, depositando il tutto nei templi. Questi racchiudono quindi veri e propri tesori: secondo le stime di Bloomberg, vi sarebbero depositate circa 4000 tonnellate, un quantitativo di oro equiparabile a quello detenuto a Fort Knox negli Stati Uniti.

Secondo Ashish Pethe, Presidente dell’All India Jem & Jewellery Domestic Council, i fondi dei templi sarebbero fondamentali per la riuscita del Modi Plan e dunque andrebbero inclusi. Tuttavia il limite – come sottolineato da Surendra Mehta, Segretario nazionale dell'India Bullion and Jewelers Association Ltd. - è convincere tutti gli amministratori dei templi a consentire la fusione dell'oro depositato, fermo restando che anche in caso di una risposta positiva, ciò potrebbe contrariare non poco i cittadini devoti.

 

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