Ancora una volta la settimana è stata caratterizzata dagli interventi dei governatori delle banche centrali. Mercoledì 20 settembre ha infatti avuto luogo il meeting della Federal Open Market Committee (FOMC), ossia il comitato di politica monetaria della Banca centrale americana. E sebbene le intenzioni annunciate da Janet Yellen circa la riduzione del bilancio dell’Istituto fossero già state ampiamente scontate dal mercato (messo sull’attenti nel corso della riunione di giugno) la prospettiva di un ulteriore rialzo dei tassi entro la fine dell’anno ha in qualche modo colto gli operatori di sorpresa.

Nello specifico, Yellen ha annunciato che la dismissione degli asset attualmente detenuti dalla FED avverrà ad un ritmo di 10 miliardi di dollari al mese (equivalenti ad un rialzo implicito dei tassi di circa 75 punti base) a cui si aggiunge la possibilità, come anticipato poc’anzi, di un ulteriore rialzo di 25 punti che avrà luogo verosimilmente nel corso del mese di dicembre. I sopraccitati 10 miliardi diverranno progressivamente un massimo di 30 nel 2018 per ciò che riguarda i titoli di Stato mentre un massimo di 20 per ciò che riguarda gli altri titoli. Le probabilità di un innalzamento del saggio di interesse entro la fine dell’anno sono quindi passate dal 50% pre-meeting al 67% post-meeting.

Tuttavia, se nel breve periodo la FED si è mostrata “falco”, nel lungo periodo il “traguardo” della curva dei tassi è passato dal 3 al 2,75%. La ragione di tale rallentamento risiede nel fatto che gli economisti prospettano un raffreddamento della crescita a livello globale a causa sia dell’invecchiamento della popolazione sia dei bassi ritmi di crescita.

Infine, a lasciare perplessi, sono state le parole di Yellen in merito all’inflazione, ancora troppo debole (ferma all’1,9%, nonostante un mercato del lavoro molto vivace, vicino alla piena occupazione). La numero uno della FED ha infatti definito il persistere della bassa inflazione “un mistero”, ammettendo esplicitamente di non riuscire a capire quali fattori stiano costantemente spingendo al ribasso (o comunque di certo non al rialzo) l’indice dei prezzi.

Le reazioni dei mercati non si sono fatte attendere: l’eventualità di un rialzo a dicembre ha subito spinto gli acquisti sui treasury e sul dollaro, innescando al contempo le vendite sugli asset non-yielding quali i preziosi (in primis oro e argento). A fine seduta l’oro è stato spinto fino al test dei 1300 dollari l’oncia mentre l’argento di poco sotto i 17 $/oz.

Giovedì 21 settembre è stata invece la volta della BCE la quale, nel consueto bollettino mensile, ha evidenziato un generalizzato miglioramento dello stato di salute dell’economia europea e ha rivisto al rialzo le stime di crescita per il 2017. Anche per l’Eurotower, tuttavia, resta l’incognita inflazione: a fronte di una maggiore partecipazione della forza lavoro (salvo alcune eccezioni come Italia e Slovenia, ben al di sotto della media degli altri Paesi europei) le stime riguardo l’aumento dei prezzi sono state riviste al ribasso. Pertanto, prosegue la nota, la Banca “ha mantenuto invariato l'orientamento di politica monetaria e deciderà in autunno riguardo una calibrazione degli strumenti di politica monetaria nel periodo successivo alla fine dell'anno”. In pratica, il quantitative easing è, al momento, ancora necessario.

L’atteggiamento prudente di Francoforte questa volta ha sortito l’effetto sperato: l’euro non si è rafforzato ulteriormente nei confronti del dollaro. Una valuta troppo forte, infatti, potrebbe danneggiare l’export dell’Eurozona vanificando tutti gli sforzi recenti per la ripresa economica. D’altro canto, se i rialzi dei tassi si faranno attendere ancora a lungo, a risentirne principalmente sarà tutto il settore bancario europeo, ormai sfiancato dalla politica monetaria accomodante della BCE.

 

Oro (XAUUSD)

il prezzo continua la discesa dopo i recenti commenti sulla politica monetaria americana da parte della FED. L’ipotesi avanzata dal FOMC circa un ulteriore rialzo dei tassi d’interesse nel mese di dicembre ha rafforzato il biglietto verde penalizzando di conseguenza tutte le materie prime quotate in dollari. Anche i tre rialzi paventati nel corso del 2018 non hanno certo sostenuto le quotazioni. Attualmente continuano a sorreggere il prezzo le continue tensioni geopolitiche scatenate dalla Corea del Nord, soprattutto a seguito dell’annuncio di Pyongyang di voler testare un ordigno all’idrogeno nel Pacifico. Nel lungo termine il quadro rimane costruttivo, essendo il metallo giallo ancora all’interno del canale rialzista formatosi da inizio anno. Inoltre, la FED ha spesso sovrastimato l’inflazione, un elemento, questo, che lascia qualche dubbio sui 3 rialzi in calendario nel 2018.

Grafico settimanale XAUUSD (principali supporti e resistenze)

A livello giornaliero, l’oro si è appoggiato sui 1285-1290 $/oz, livello che potrebbe offrire una solida base per un eventuale ripartenza. Tuttavia, se la corsa al ribasso dovesse continuare, nel mirino troveremmo prima un supporto a 1270 dollari e successivamente 1250.

Grafico giornaliero XAUUSD

 

Argento (XAGUSD)

Anche l’argento ha accusato fortemente il rialzo del dollaro. Così come l’oro, il metallo ha fallito nel bucare al rialzo una resistenza psicologica importante, in questo caso i 18 dollari l’oncia. Attualmente il prezzo viaggia poco sotto i 17 $, dopo aver testato il supporto a 16,80-16,90 (livello che coincide con la media giornaliera a 100 giorni). Tale range di prezzo si è rivelato essere una solida base in più occasioni nel corso di quest’anno. Se il prezzo dovesse continuare la sua discesa, i primi supporti si trovano in area 16,50 – 16,35.

Grafico settimanale XAGUSD (principali supporti e resistenze)

 

Platino (XPTUSD)

Seconda settimana consecutiva di calo anche per le quotazioni del platino. Il prezzo – come anticipato nello scorso report – è fuoriuscito dal canale rialzista formatosi da metà luglio. Al momento il supporto più vicino (testato in settimana) si trova a 930 $/oz mentre il secondo è ad una quarantina di dollari più in basso in area 890-900 $/oz (minimi di dicembre 2016). Come fa notare Commerzbank, c’è tuttavia almeno un driver potenzialmente rialzista per il metallo: Impala Platinum, il secondo produttore a livello mondiale di platino, sta licenziando migliaia di dipendenti in seguito alle perdite riportate lo scorso anno fiscale. Ciò potrebbe implicare scioperi nel breve-medio termine e, di conseguenza, una diminuzione della produzione.

Grafico XPTUSD (principali supporti e resistenze)

 

Palladio (XPDUSD)

Continua il movimento correttivo del prezzo del palladio. Il metallo, dopo essere stato respinto dalla forte resistenza attorno ai 1000 dollari l’oncia, sta ripiegando per la terza settimana consecutiva verso i 900 dollari. I supporti più vicini si trovano in area 910-915 (massimi del 2014) e successivamente in area 880 $/oz e 840-850 $/oz. I fondamentali, continuano ad essere supportivi (crescente domanda di metallo fisico a fronte di scarsa offerta). Inoltre, come fa notare Reuters, gli exchange-traded fund (ETF) che investono nel metallo hanno visto, nel mese di agosto, il più grande afflusso di fondi da 3 anni a questa parte: un segnale rialzista che lascia ben sperare in una ripresa delle quotazioni.

Grafico XPDUSD (principali supporti e resistenze)

 

Eurodollaro (EURUSD)

Il cambio è ormai da circa 5 mesi stabile nel range 1,18 -1,20. Le parole pronunciate in settimana da Janet Yellen, sebbene siano state abbastanza esplicite riguardo la forward guidance della FED, non hanno scalfito l’interesse degli operatori nei confronti dell’euro. L’outlook per la moneta dell’eurozona rimane positivo. È bene ricordare che nei periodi di mercato in cui si percepisce un rischio all’orizzonte la moneta unica viene considerata una sorta di bene rifugio, al pari dello yen giapponese. La riprova, questa settimana, ci è stata data dall’apprezzamento dell’euro in seguito alle dichiarazioni di Pyongyang. Nel grafico sottostante i principali supporti e resistenze.

Grafico settimanale EURUSD (principali supporti e resistenze)


Per concludere

ORO

Resistenze

1350

1375-1380

Supporti

1285

1250-1270

 

ARGENTO

Resistenze

18,15

18,70

Supporti

16,60- 16,80

17,10

 

PLATINO

Resistenze

1032

1045,1050

Supporti

960

980-986

 

PALLADIO

Resistenze

1000

1110

Supporti

910-915

950

 

EURUSD

Resistenze

1,20

1,25

Supporti

1,15-1,16

1,18

 

Fonti: Bloomberg, Commerzbank, Reuters, ScotiaBank, UBS.

Finito di redigere alle 15 di venerdì 22 settembre 2017.