Questo per capire se alla fine di un trimestre un po’ sottotono a livello sia borsistico che economico e di prospettive economiche deteriorate sul versante occidentale “Europa” e orientale, “Giappone e Cina”, anche il mercato del lavoro statunitense avesse subito qualche contraccolpo. Il report sull’occupazione è stato piuttosto in linea alle attese.

Lievemente sopra il numero di posti creati 215000 vs attese di 205000, lievemente sotto tono la disoccupazione che è cresciuta al 5% dal 4.9% del mese precedente, per il fatto che sono aumentati coloro in cerca di occupazione, questo va letto positivamente. Ma il dato chiave su cui gli operatori ragionano in termine di futuri rialzi dei tassi da parte della Fed , è il dato sulla variazione del salario orario che in questo caso è cresciuto al 2.3% a/a dal 2.2% a/a del mese precedente.
Il dato leggermente sopra le attese spinge gli operatori a ipotizzare che se i salari aumentano, prima o poi questi aumenti si tradurranno in aumenti del potere di acquisto dei consumatori che a sua volta si tradurrà in aumenti dei prezzi dei beni e servizi, comportando un aumento dell’inflazione.

L’aumento dell’inflazione spingerà la Fed ad alzare i tassi di interesse.

La reazione dei mercati è stata piuttosto chiara: rafforzamento del dollaro, discesa dei metalli preziosi e rialzo dei rendimenti obbligazionari, anche se quest’ultimo rientrato nel pomeriggio.

A dati brillanti o comunque sopra le attese gli operatori prezzano un rialzo dei tassi da parte della Fed, che in questo momento viene collocato circa nell'ultimo semestre dell'anno.Ovviamente, potrebbe avvenire prima o dopo a seconda dei dati macroeconomici in uscita nelle prossime settimane.