Settimana relativamente calma sui mercati finanziari nonostante i due meeting tenutisi dalla FED e dalla BCE, complici soprattutto le chiusure di diverse borse (Canada, Hong Kong, Stati Uniti e Cina) per la celebrazione di festività nazionali. L’atteggiamento degli operatori è stato dunque attendista, con la speranza di poter scorgere le prossime mosse di politica monetaria in agenda quest’anno. Speranza che è stata tuttavia in parte disattesa, dato che i messaggi trapelati dalle minute continuano ad essere piuttosto prudenti e non lasciano trapelare, al momento, sconvolgenti cambi di rotta.

Mercoledì è stata la volta della banca centrale americana, con i verbali dell’ultima riunione del FOMC: il quadro che è emerso è sicuramente ottimista sia in termini di crescita, sia riguardo l’inflazione la quale potrebbe a breve portarsi al target del 2%. La reazione degli investitori è stata dapprima negativa, salvo poi recuperare nella giornata successiva. Il principale timore degli investitori è un’accelerazione lungo il sentiero dei rialzi dei tassi d’interesse, anche se, in realtà, tale timore non appare del tutto giustificato poiché la probabilità di avere 4 rialzi dei tassi durante il corso del 2018 è incrementata solo lievemente passando dal 25% al 29%.

Cautela anche sul fronte europeo: nonostante vi siano buoni segnali a livello macroeconomico (e pure sul lato dell’inflazione), la BCE non ha ritenuto opportuno, al momento, cambiare il proprio messaggio in merito alla attuale politica monetaria. Ciò che continua a destare una certa preoccupazione all’interno del board della BCE è la forza dell’euro. Se la Banca dovesse dunque annunciare una imminente normalizzazione della propria politica è probabile che la moneta unica continui a rafforzarsi, causando in questo modo danni all’export. E a questo proposito sono state emblematiche le parole del presidente Mario Draghi il quale ha puntato il dito (nemmeno troppo velatamente) contro “alcuni politici americani” che si sono recentemente detti favorevoli a un dollaro debole (palese il riferimento al Segretario del Tesoro americano Steven Mnuchin). Tale atteggiamento – ha continuato il numero uno dell’Eurotower – avrebbe potuto addirittura costringere il board della Banca a modificare l’attuale strategia.

Ora gli occhi sono tutti puntati al prossimo appuntamento di mercoledì 28 febbraio, data in cui il neo governatore della FED, Jerome Powell, testimonierà davanti al Congresso.

 

Oro (XAUUSD)

Dopo aver ri-testato i massimi di periodo fatti a gennaio in area 1360 $/oz l’oro viene respinto e si adagia una trentina di dollari più in basso, al primo supporto posto in area 1330 $/oz. La spinta rialzista della scorsa settimana è iniziata quindi a venir meno nonostante il dollaro stia ancora vivendo una fase di debolezza. Le recenti minute della FED non hanno intaccato il quadro generale e sebbene vi sia un crescente ottimismo a livello economico lo stesso fatica a palesarsi a livello di quotazioni sull’azionario. Attualmente la resistenza più importante è posta in area 1360 $/oz e successivamente sopra i massimi di periodo in area 1375 $/oz. Verso il basso i supporti più importanti sono invece posti a 1320 e a 1300 $/oz. Le quotazioni oscillano stabilmente sopra le medie mobili a 100 e 200 giorni. Il quadro tecnico è, nel breve periodo, neutrale/rialzista.

Grafico giornaliero XAUUSD (principali supporti e resistenze)

Sul grafico settimanale l’outlook è neutrale. Il metallo, sebbene continui a viaggiare al di sopra delle medie mobili a 100 e 200 giorni ha fallito lo sfondamento dei 1350 $/oz. Tale dinamica potrebbe indurre gli operatori a vedere in suddetto fallimento un doppio massimo (triplo se contiamo il periodo giugno – settembre 2017) e dunque mettere sotto pressione le quotazioni. In un’ottica di lungo termine l’outlook rimane comunque positivo. Un cambio di sentiment potrebbe avvenire soltanto al di sotto dei 1300 $/oz.

Grafico settimanale XAUUSD (principali supporti e resistenze)

 

Argento (XAGUSD)

L’argento rimane anche questa settimana incanalato nel range 16,50 – 17,50 $/oz. Tale fase laterale dura ormai – salvo poche eccezioni – da più di un anno e al momento non si scorgono driver sufficientemente forti da rompere tale trend. Le quotazioni (poco sopra i 16,50 $/oz) faticano a mantenersi sopra le medie mobili a 100 e 200 giorni anche se va sottolineato che il metallo continua a viaggiare (molto lentamente) all’interno di un trend rialzista (che vede i minimi sempre crescenti). Una pericolosa inversione di rotta potrebbe verificarsi qualora la quotazioni scendessero al di sotto dei 15,60 - 15,50 $/oz.

Grafico settimanale XAGUSD (principali supporti e resistenze)

 

Platino (XPTUSD)

Il metallo chiude la settimana ai livelli della precedente con uno scostamento quasi impercettibile. L’ostacolo più grande è al momento rappresentato dal “muro” dei 1000 $/oz. Tuttavia, come si evince dal grafico sottostante, il metallo ha bucato verso l’alto il canale ribassista che teneva le quotazioni sotto pressione da diversi mesi. Lo spread con il palladio è ormai scomparso (ricordiamo che era arrivato a superare i 150 dollari). Dal punto di vista dei fondamentali ribadiamo che le scorte monitorate dal NYMEX sono ai più bassi livelli dal 2016 a questa parte: un segnale decisamente rialzista che evidenzia il rinnovato interesse per tale metallo.

Grafico settimanale XPTUSD (principali supporti e resistenze)

 

Palladio (XPDUSD)

Dopo 4 settimane consecutive di vendite il metallo torna ad essere comprato dagli operatori che hanno evidentemente guardato l’area 950 $/oz come una buona occasione di acquisto. D’altro canto i fondamentali continuano a rimanere positivi e a conferma di ciò possiamo notare come pure a livello tecnico il trend sia ancora decisamente rialzista. Attualmente verso l’alto la prima resistenza è data dai 1100 $/oz e successivamente a 1150 $/oz. I supporti (linee rosse sul grafico) sono invece a 1000 dollari, 950 e 910. Solo una discesa sotto i 900 $/oz potrebbe invertire il trend.

Grafico settimanale palladio (principali supporti e resistenze)

 

Eurodollaro (EURUSD)

Il cambio è stabile in area 1,22 – 1,25 e pare che stia sperimentando una fase di consolidamento. Tuttavia, le recenti dichiarazioni di Draghi circa l’eccessiva forza dell’euro e l’imminenza delle elezioni italiane (specie in caso di vittoria di partiti non propriamente pro-euro) potrebbero innescare una prudente corsa alle coperture. Difficile dire se tale scenario potrebbe a sua volta essere in grado di ribaltare il trend rialzista in corso. Al momento l’outlook è neutrale. Decisivi, come detto, i prossimi sviluppi politici. Verso l’alto l’ostacolo da superare sono gli 1,25 mentre verso il basso troviamo numerosi supporti: 1,22 – 1,20 -1,18 ed infine 1,16.

Grafico settimanale EURUSD (principali supporti e resistenze)

 

In breve

ORO

Resistenze

1365

1375 - 1380

Supporti

1235 - 1250

1310 - 1350

 

ARGENTO

Resistenze

17,35

17,70 - 18

Supporti

15,60 - 16,15

16,62 -16,65

 

PLATINO

Resistenze

1010

1030 - 1045

Supporti

890

910 - 915

 

PALLADIO

Resistenze

1100

1150 - 1175

Supporti

960

985 -1000

 

EURUSD

Resistenze

1,21 – 1,22

1,25 – 1,27

Supporti

1,1850

1,19

 

Fonti: Bloomberg, MF.

 

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